Un tesoro di Luce e Foglie è il titolo della personale di Danilo Ambrosino a cura di Allessandra Pacelli allestita dal 24 Settembre al 9 Ottobre 2022 presso le Serre Monumentali dell’Orto Botanico di Napoli, Via Foria 223, 80139 Napoli.
La Mostra sarà inaugurata Sabato 24 Settembre alle ore 10.00.
“Benvenuto all’oro disperso del crepuscolo invernale,
alle ultime foglie”
Philippe Jaccottet
Palme, cactus, bambù, agavi, filodendri: il rigoglio del Mediterraneo cristallizzato in dipinti che l’oro trasforma in icone.
Il nuovo lavoro di Danilo Ambrosino è il racconto di un giardino incantato, un richiamo alla grande bellezza di stucchi e ori delle nostre cattedrali: c’è Bisanzio e c’è il mondo arabo, c’è la pittura rinascimentale coi suoi ori che tutto congelano nel tripudio dell’ascesi, e c’è il Pop del sentire contemporaneo, con il gusto del dettaglio esaltato a prendersi la scena. E c’è il riconoscimento dell’intelligenza delle piante, il loro immutato attraversamento di secoli e geografie, il sapersi mostrare sempre seducenti, in un racconto poetico che non conosce sazietà. La natura morta cede il passo ai trionfi floreali, la pittura si fa portavoce di ecologismo non più dolente ma gioioso, che riconosce alla pianta il ruolo di primadonna che sa opporre la propria grazia allo sfinimento del mondo. In una forma laica di transustanziazione, il dipinto si fa corpo: è esso stesso quella palma, quel cactus, quella foglia che perde la bidimensionalità visiva per divenire parte viva di un sogno, di un ideale. Nulla c’è di imbizzarrito, tutto è stato domato in un equilibrio di forme. Ma il selvaggio affiora. E siamo sopraffatti dalla luce.
Se si trattasse di parole invece che foglie, sarebbero haiku, screscitati e luminescenti.
Quello che qui si racconta è una tensione verso il mondo mediata dal sogno, con figurazioni che si aprono alla leggerezza, in una studiata semplicità che sa scendere nel profondo. Il mondo reale non abbraccia solo quello che l’artista vede o sente, ma anche quello che ricorda e che immagina.
I dipinti allora diventano un processo di traduzione della memoria e delle emozioni, che riguarda il mistero dei mosaici, lo stupore degli erbari, gli affanni delle visioni surrealiste, il ritmo sfrenato della natura che incalza. Visioni botaniche, memorie, apparizioni, sono parte fondamentale di queste opere fatte di segni precisi annegati in ampi laghi d’oro. Ogni quadro, come i tasselli di un mosaico affatato, va a comporre un unico grande paesaggio interiore. E alla fine non conta più quali siano le piante ritratte, ma la loro capacità di farsi “specchio” di suggestioni, varco per un altro mondo possibile.
Alessandra Pacelli